L’Omsa (acronimo di Orsi Mangelli Società Anonima), impresa nel settore della calzetteria fondata dalla nobile famiglia forlivese Orsi Mangelli, che aprì lo stabilimento di Faenza nei primi anni ’40, ha rivestito fino ad oggi un ruolo di importanza sostanziale territorialmente, socialmente ed economicamente per l’area faentina, e non solo, in quanto pilastro industriale il cui sviluppo ha creato le condizioni per un passaggio fondamentale nella crescita della città, in passato legata prettamente a un’economia agricola.
Il catalogo, attraverso alcune immagini storiche d’archivio, così come una varietà di fotografie realizzate soprattutto nel 2010 dai fotoreporter Giampiero Corelli e Antonio Veca, documenta alcune fasi rilevanti della vita dello stabilimento di calzetteria e focalizza l’attenzione sui nodi principali, le vicende politico-economiche che lo hanno riguardato durante gli ultimi decenni e le ricadute che lo sviluppo dell’azienda ha avuto sul piano di crescita territoriale e sociale.
Il catalogo contiene dunque, in primis, fotografie dell’attività operaia agli albori dell’Omsa, provenienti dallarchivio Fototeca Manfrediana del Circolo Dopolavoro Ferroviario di Faenza; delle manifestazioni e delle lotte che hanno avuto luogo tra gli anni ‘70 e ‘90, di cui è conservata testimonianza iconografica nell’archivio del quotidiano Il Resto del Carlino; delle proteste e rivendicazioni sindacali delle operaie contro la chiusura dello stabilimento, attuate negli ultimi anni, documentate dal fotoreporter Antonio Veca.
Infine, sono le immagini di Giampiero Corelli a scandagliare quello spazio lavorativo vissuto quotidianamente dalle 346 dipendenti, molte delle quali madri, nelle quali i soggetti sono proprio le donne ritratte insieme ai loro figli, condotti nell’area produttiva della fabbrica prima della cessazione dell’attività.
È chiaramente la fase finale della vita dello stabilimento Omsa, che per necessità produttive e di bilancio è stato deciso dovrà essere delocalizzato in Serbia, a impressionare maggiormente i fotografi, i quali sentono il dovere di dare visibilità alla drammatica vicenda che riguarda la comunità faentina, attraverso due chiavi di lettura diverse. Veca, che da tempo lavora su questioni come gli sbarchi di immigrati e rifugiati politici e il traffico clandestini, intende dare voce alla tenacia nella battaglia contro le imposizioni dei vertici dell’azienda prima, alla rabbia poi ed infine alla rassegnazione di lavoratori e lavoratrici.
Corelli, invece, che da anni conduce una ricerca attorno a tematiche che riguardano la sfera femminile, prende come punto di partenza le donne operaie nello spazio lavorativo, per poi glissare lo sguardo sulla loro dimensione privata ed affettiva, rappresentata simbolicamente dai figli, per evidenziare volutamente i riscontri e gli effetti pesanti che determinate scelte, dettate dall’economia o dalla politica, hanno concretamente sulle micro comunità e sui singoli.